Figure of speech lover: Riflessioni

25/06/2021

Chiunque mi conosca molto bene, dovrebbe sapere che amo alla follia le figure retoriche, quelle di suono come anche quelle semantiche molto più intricate e più stimolanti con cui “giocare”. Adesso vi spiego il motivo di tale legame di vecchia data:

Sin dalle superiori mi sono approcciata alle figure retoriche per letteratura italiana, anche se la professoressa mi snobbava —anzi sarebbe meglio dire MI ODIAVA. Tuttavia, studiavo con passione perché mi piacevano molto gli argomenti di letteratura — figure retoriche comprese. Infatti le avevo apprese più che altro per passione, piuttosto che come palese pretesto per passare l’anno scolastico con voti alti — che io in ogni caso non avrei mai preso, visto che la professoressa mi detestava a pelle. Comunque, da lì le mastico ancora oggi dopo circa 4–5 anni. In fin dei conti mi affascina parecchio il modo in cui (a volte senza saperlo) chiunque comunichi, le usi inevitabilmente e magari inconsapevolmente. Alla fine ci sono espressioni che tutti — grandi, piccoli, giovani e anziani, amanti dello studio e non — utilizzano. Un esempio sono i modi di dire, le frasi standard e anche le frasi dialettali. In effetti tutte queste inglobano almeno 1–2 figure del discorso.

In particolar modo, espressioni come “te l’ho ripetuto 200 volte” oppure “sto morendo di sonno/di fame” sono palesemente delle esagerazioni che nascondono dietro una figura retorica chiamata iperbole. È chiaro che se abbiamo ripetuto tante volte una frase, non è stato effettivamente 200 volte e che se siamo stanchi morti siamo stanchissimi ma non siamo in fin di vita per quel motivo (almeno si presume).

Dunque, detto questo, l’iperbole è un’esagerazione estrema finalizzata a rafforzare un significato e rendere l’idea di quanto ciascun individuo percepisce un’emozione/sensazione in termini di intensità.

In ogni caso sono giunta ad una conclusione generica a riguardo. Premesso che ogni figura è intercambiabile e ha il suo significato e il suo perché, a mio avviso (in certi casi) il senso di esse è a libera interpretazione — ed è proprio questo, secondo me, che le fa apparire piacevoli e perfette per giocarci e rifletterci su quando si fa un discorso.

Provo a spiegarmi meglio. In una frase, in un discorso se ne possono spesso individuare diverse. Tuttavia, essendo l’essere umano diverso tra i suoi simili, tende a percepirne a colpo d’occhio una piuttosto che l’altra e ovviamente queste prime figure individuate da qualcuno risulteranno — magari — diverse da quelle che individuerebbe qualcun altro.


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